Rio Secco (2001)

Sabato 30 giugno 2001

Sono le 8.00 e suona la sveglia ma è dura alzarsi, e dopo quasi mezz’ora Michele e Jenny riescono nell'impresa :). Poi si vestono e fanno colazione. Dopo aver preparato lo zaino con un po’ di acqua da bere vanno nel piazzale a prendere la macchina.
Prima di partire per San Michele all'Adige i due smemorati ritornano a Villazzano per prendere la macchina fotografica e le scarpe da ginnastica della Jenny che hanno dimenticato il giorno prima.
Poi finalmente si parte alla volta di San Michele, e si prosegue oltre per qualche chilometro per poi parcheggiare la macchina nel piazzale antistante la partenza della ferata.

Una volta superato San Michele All'Adige si prosegue ancora per 3 o 4 chilometri verso Nord, sulla sponda sinistra del fiume Adige, finché sulla sinistra della strada non si incontra un largo piazzale che fa da parcheggio.
La Ferrata del Rio Secco parte proprio dall'altra parte della strada, vicino ad una chiesetta, ed è ben segnalata.

Partenza dal piazzale: ore 10.05
Dopo circa 20 minuti di sentiero ripido tra la vegetazione si arriva all’inizio del percorso attrezzato.

Il primo pezzo è un sentiero lungo 4 o 5 metri assistito da un cordino d’acciaio.



Subito dopo c’è una parete ad angolo lungo la quale è necessario passare per poter proseguire; la parete è praticamente verticale e ci sono dei chiodi piantati nella roccia per fornire degli appoggi agli escursionisti.

Il passaggio, chiamato salto "dei caprioi", non è particolarmente pericoloso, se non per il fatto che scivolando si potrebbe cadere sui chiodi che avanzano fuori dalla roccia per almeno 20 centimetri.

In questo caso Michele è salito per primo con la corda e Jenny faceva sicurezza da sotto con un otto; in seguito Michele ha fatto sicurezza da sopra a Jenny con un nodo mezzo barcaiolo ed un moschettone.
Arrivati in cima alla parete verticale c’è un altro passaggio, questa volta orizzontale, che permette di arrivare alla pozza (secca) più a monte.



Nella foto a fianco è possibile vedere il passaggio orizzontale in uscita da quello precedente. La foto è scattata dalla pozza (secca) prima descritta.

Il passaggio non è molto difficoltoso, ci sono molti appoggi per i piedi ed il cordino è ben teso. Il passaggio è suggestivo perché si effettua a circa 10 metri dalla base della parete.

Dalla pozza c’è un altro passaggio quasi verticale, ma molto più semplice, che porta ad un bivio.
Si prosegue poi verso destra, perché a sinistra c’è un piccolo sentiero che non si sa dove vada.
Dopo circa 15 metri di sentiero facile ricomincia la scalata: infatti si arriva alla base di una nuova parete. Anche in questo caso Michele sale prima, assicurato da Jenny con la corda e l’otto, e poi Michele le fa sicurezza dall’altro con un nodo mezzo barcaiolo.

La salita non è particolarmente impegnativa, ma la roccia è liscia e la parete verticale.

Dopo questa salita il percorso continua come sentiero nella vegetazione per un po’, passando anche per una zona esposta da cui si può ammirare il panorama della valle dell’Adige.

La foto sopra rappresenta la valle dell’Adige che guarda verso Trento (verso sud) e quella sotto guarda verso Mezzocorona e l’inizio della val di Non dove la settimana prima Jenny e Michele hanno fatto il Burrone Giovanelli.

Dopo lo spiazzo “belvedere” il sentiero continua e porta di nuovo nel letto del Rio Secco (ci si arriva da sinistra guardando in su).

L’ultimo tratto di questo sentiero è piuttosto pericoloso ed è necessario legarsi al cordino di acciaio perché il passaggio è proprio sopra al salto della cascata.

Arrivati nel letto del rio secco il percorso prosegue lungo la parete destra.

Anche questo passaggio presenta della roccia liscia ed il passaggio prosegue in direzione obliqua.

Dopo i primi 4 o 5 metri di cordino in obliquo il percorso si fa più orizzontale lungo la parete a strapiombo a 7 – 8 metri di altezza dal letto del rio. Questa parte di passaggio avviene nella vegetazione e, dopo un tratto orizzontale, curva a tornante e sale in obliquo nell’altra direzione. Quest’ultimo tratto non è molto pericoloso perché ci sono buoni appoggi per le mani ed i piedi, ma bisogna comunque fare molta attenzione perché è sempre a strapiombo sul letto del fiume.

Dopo questo il percorso prosegue tranquillamente in forma di sentiero per diverso tempo (circa 5 o 6 minuti) nella vegetazione e comunque ripidamente.


Alla fine del sentiero si deve affrontare il passaggio dei Gabbiani, un tratto molto esposto eseguibile solamente grazie al cordino d’acciaio. Il pezzo corre lungo la parete che curva verso destra e gli appoggi per i piedi sono costituiti da dei chiodi che avanzano fuori dalla roccia per circa 20 centimetri.

Sotto i propri piedi la parete scorre verso il basso per 20-30 metri, fortunatamente dopo la curva c’è un posto tranquillo dove riposarsi senza pericoli, è una parte di letto del rio Secco dove scorreva in piano.
Dopo essersi tranquillizzati dalla tensione del passaggio dei Gabbiani è necessario proseguire lungo il percorso che sale in diagonale lungo la parete destra: in questo punto il cordino è allentato perché un chiodo a metà salita è saltato via. Allora Michele lega il chiodo ad uno vecchio ancora infisso per limitare i movimenti possibili del cordino durante la salita che altrimenti sarebbe stata più difficoltosa.

La salita prosegue per circa 5 metri e poi Michele si appresta a tornare indietro per recuperare i moschettoni usati per fissare il cordino. A quel punto si sentono dei rumori di moschettoni dietro la curva del passaggio appena effettuato, e arrivano tre persone che stanno facendo lo stesso percorso. Sono un uomo e due donne. L’uomo è stato gentile nel recuperare i moschettoni di Michele durante la risalita risparmiandogli una fatica inutile.

Proseguendo c’è un altro pezzo in obliquo che arriva in una pozza e, risalendo il piccolo salto a monte si arriva in un’altra pozza, base di partenza di un altro passaggio molto difficile. Qui Michele, Jenny e gli altri tre trovano altri due ragazzi di cui uno è in difficoltà e non riesce a proseguire.



Dopo una lunga sosta per riposare, il ragazzo ci riprova e questa volta riesce nell’impresa; a questo punto sale il suo amico ed anche gli altri tre.
Poi Jenny comincia a salire ma, arrivata al secondo chiodo, le mani cominciano a perdere la presa per il sudore e per la stanchezza e si fa prendere dal panico e si blocca rimanendo appesa per un po’. Michele allora sale e la supera per farle sicurezza usando un chiodo più alto, ma il signore del primo gruppo che avevano incontrato, essendo già salito, offre di farle sicurezza dall’alto calandole una corda da sopra la parete.
Jenny, rassicurata dalla corda sempre in tensione, riesce a superare il punto critico e a risalire l'ultima parete di roccia.



A questo punto, con le mani indolenzite per la fatica continua e sudate per il caldo (sono ormai le 13.20), è sconsigliabile proseguire e per fortuna da qui c’è un sentiero che ritorna alla partenza senza il bisogno di arrivare in cima e così Michele, Jenny e gli altri due ragazzi prima in difficoltà si incamminano verso il ritorno, lasciando proseguire il trio più esperto.

A questo punto ci troviamo alla grotta del "Basalisch", dove si incontra il bivio che verso sinistra scende lungo il bosco fino a ritornare alla partenza, e verso destra prosegue invece prima come via ferrata e poi come camminata, come mostra la cartina.

Per oggi è finita, torneremo un’altra volta, magari con un po’ più di allenamento, e la faremo tutta!



Durata della salita dalla partenza al punto di ritorno: 3 ore e 16 minuti.

Durata ritorno alla macchina: 20 minuti.

Michele e Jenny

Aggiornato al 21/04/2008 18:09:10